Climbing & streching: il ruolo e l’utilità dello streching in arrampicata sportiva

Continua la preziosa collaborazione con il Dottor Kelios Bonetti, esperto di patologia arrampicatoria, in questo articolo si parlerà di streching… questo sconosciuto!
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Si è molto discusso sull’utilità dello stretching nell’arrampicata, ma non sono ai stati effettuati degli studi scientifici in questo particolare ambito. I pareri sono discordanti come in molti altri sport. Ciò deriva dalla mancanza di studi specifici per ogni sport e dal fatto che non si considera lo stretching nella sua complessità ma solo parzialmente. Infatti c’è un’azione sulla flessibilità muscolo-articolare, ovvero un aumento dell’arco di movimento articolare (ROM), grazie ad un aumento della estensibilità muscolotendinea. Ciò però va a discapito della elasticità ovvero la capacità del muscolo e del tendine di allungarsi durante la fase eccentrica accumulando energia per poi restituire questa energia come una molla o un elastico.
È molto importante non confondere la flessibilità e l’elasticità. Infatti un aumento di flessibilità ci permette di effettuare dei movimenti più ampi, quindi possiamo alzare di più un piede o spaccare di più, cosa probabilmente utile in arrampicata. Mentre una diminuzione della elasticità potrebbe ridurre le performance in alcuni gesti come i lanci o la ripresa. Per questo motivo in alcuni sport lo stretching pre-performance viene considerato dannoso.
Da questi concetti si può ipotizzare che nell’arrampicata lo stretching possa essere utile in virtù del miglioramento dell’arco di movimento articolare
In ambito sportivo e soprattutto nell’arrampicata ci sono comunque molti altri punti non chiari sull’utilità dello stretching, ma neanche su questi punti sono stati effettuati degli studi specifici per l’arrampicata. In particolare riguardo alla prevenzione, alla prestazione, e ai possibili infortuni.
Riguardo alla prevenzione dei danni muscolari: la pratica dello stretching induce una diminuzione della sensazione dolorosa associata all’allungamento, che permette quindi all’atleta di sopportare allungamenti muscolari di maggiore entità e quindi un miglior ROM. Però questo potrebbe aumentare il rischio di traumi.
Riguardo alla prevenzione dei dolori muscolari ad effetto ritardato si deve considerare che una seduta di stretching intenso post prestazione/allenamento può provocare gli stessi danni muscolari derivati dall’allenamento, è quindi inutile come mezzo di prevenzione dei dolori muscolari. Inoltre nell’arto inferiore tali problemi si verificano raramente, quasi sempre al tricipite surale e solo in talune tipologie di vie, per l’arto superiore invece potrebbe essere utile
Riguardo alla prestazione si deve considerare che a seguito di una seduta di stretching intenso si ha una diminuzione della forza massimale, della resistenza alla forza, della capacità di salto e di sprint. Questo però nell’arrampicata non è un limite importante per l’arto inferiore che è di rado sottoposto a sforzi massimali, mentre può esserlo per l’arto superiore. Infatti nell’arto superiore i muscoli sono quasi sempre sottoposti a sforzi massimali e anche una minima diminuzione della forza massimale e della resistenza alla forza può inficiare il risultato. Si dovrà però anche considerare il ruolo dello stretching non solo a livello muscolare, ma anche il suo ruolo nel preparare allo sforzo la catena cinetica flessoria (tendini, puleggie, inserzioni)
Riguardo ai possibili infortuni, va ricordato che lo stretching è un’attività stressante per l’apparato locomotore, specialmente se non viene eseguito un corretto riscaldamento. Durante gli esercizi le struttura capsulo-legaentose, i muscoli e le ossa vengono sottoposte a dei carichi anomali, che possono causare lesioni muscolari, capsulari, tendinee, legamentose, possibilità di cadute, fratture, lussazioni, distorsioni, distrazioni. Per questo è sempre consigliato eseguire gli esercizi con un compagno.
In letteratura si riscontrano delle controversie quando a livello fisiologico si cerca di individuare il motivo della resistenza all’allungamento. Molti autori ritengono che il fattore limitante sia costituito dal tessuto connettivo che avvolge il muscolo (fibre, fasci e ventre muscolare) mentre invece da altri studi appare determinate il ruolo della struttura muscolare.
LA FISIOLOGIA DELL’ALLUNGAMENTO MUSCOLARE
Durante un allungamento alcuni tipi di recettori nervosi (gli Organi Tendinei del Golgi [OTG] e i Fusi Neuromuscolari [FN]) intervengono a salvaguardia del muscolo, in quanto rispondono alle variazioni di tensione causate dalla tensione muscolare e agli stiramenti di tipo passivo ( ricezione da un salto, distorsione, stretching intenso). Essi attivano il riflesso miotatico inverso diminuendo la tensione muscolare. Tale meccanismo può essere utilizzato per eseguire lo stretching più efficacemente. Inoltre per promuovere un rilassamento del muscolo da allungare alcune tecniche utilizzano il meccanismo fisiologico di innervazione reciproca, in pratica contraendo il muscolo antagonista rispetto a quello che si intende allungare, si ottiene un rilassamento dell’agonista. La temperatura è un fattore importante per l’elasticità muscolare che è inversamente proporzionale al rischio di lesioni. Nella fase di riscaldamento: la sola pratica di allungamenti risulta poco efficace per innalzare la temperatura muscolare. Risulta più efficace effettuare contrazioni e rilassamenti muscolari in modo alternato. Oppure un blando riscaldamento prima di eseguire lo stretching. Per la medesima ragione è bene eseguire lo stretching in un ambiente caldo.
Una pratica assidua e regolare dello stretching secondo alcuni autori porta a dei cambiamenti semipermanenti:
– Un cambiamento della soglia del riflesso miotatico inverso, ovvero il muscolo si mantiene rilassato per livelli di allungamento superiori a quelli precedenti la pratica dello stretching, aumentando quindi la mobilità articolare (ROM)
– Un aumento del numero dei sarcomeri in serie delle fibre muscolari, ovvero dei muscoli più “lunghi”
– Un cambiamento della lunghezza delle fasce che circondano il muscolo, dei tendini, dei legamenti e del tessuto cicatriziale
– Un aumento della lubrificazione delle fibre del tessuto connettivale, che in ambito arrampicatorio è molto probabilmente utile a livello della catena cinetica flessoria, tanto soggetta a sovraccarichi in arrampicata
– Una modificazione delle strutture articolari, che divengono più lasse e di conseguenza meno stabili, cosa indubbiamente utile ma potenzialmente dannosa, basti pensare alle instabilità di spalla
LE DIVERSE TECNICHE
Esistono varie tecniche di stretching, praticate con modalità molto diverse l’una dall’altra, ognuna con i suoi pregi e i suoi difetti.
Stretching statico: si raggiunge un determinato allungamento muscolare e lo si mantiene per un certo lasso di tempo. E’ facile da praticare ed efficace ma porta a breve termine ad una diminuzione della produzione di forza muscolare, e non migliora l’allungamento di tipo dinamico richiesto dalla maggior parte delle discipline sportive.
Stretching passivo: l’atleta rilassa completamente la muscolatura che viene allungata da un terapista o tramite mezzi meccanici. Questa metodica permette di andare oltre il ROM attivo, e se la differenza è grande, si possono avere delle lesioni.
Stretching balistico: si forza l’allungamento verso i limiti massimi del ROM tramite una tecnica esecutiva di tipo ritmico e “rimbalzante”. La velocità di allungamento comporta il manifestarsi del riflesso miotatico di stiramento, che limita notevolmente l’elongazione del tessuto connettivale. Inoltre si possono avere delle lesioni.
Stretching dinamico: come in quello balistico si compiono dei movimenti al limite del ROM, ma ad una velocità minore e controllata, evitando l’esecuzione “rimbalzante”, in questo modo si può incrementare il ROM con un minor rischio di lesioni
Stretching attivo/statico: la posizione di allungamento è ottenuta e mantenuta unicamente attraverso una contrazione muscolare attiva. Tramite il fenomeno dell’inibizione reciproca si ottiene un rilassamento della muscolatura antagonista sottoposta all’allungamento. Questo tipo di stretching comporta un basso rischio di lesioni, anche se talvolta evoca dei crampi. Ha il pregio di ricalcare l’azione muscolare di alcuni gesti atletici, specie nell’arrampicata, ma porta a un ridotto aumento del ROM
Stretching isometrico: dopo aver assunto la posizione di stretching passivo si effettua una contrazione isometrica di 7-15 sec. Si rilassa poi il muscolo che si allungherà al nuovo ROM e lo si mantiene nella posizione raggiunta per almeno 20 sec. E’ il metodo più efficace per promuovere l’aumento della flessibilità statico-passiva, ma può costituire un fattore di rischio per l’integrità tendinea e connettivale. Il riflesso miotatico inverso viene sfruttato in questa metodica di stretching, infatti si effettua una volontaria contrazione muscolare di 6-15 sec per disinibire gli OTG che attivano il riflesso miotatico inverso che causa un aumento del rilassamento muscolare ed ottenere un conseguente incremento della mobilità
Stretching PNF: è una combinazione tra lo stretching passivo e quello isometrico. Nella tecnica di Contrazione-Rilassamento il muscolo antagonista viene allungato, si esegue poi una contrazione isometrica di 7-15 sec, viene rilassato per 2-3 sec e poi nuovamente allungato per 10-15 sec. Nella tecnica di Contrazione-Rilassamento-Contrazione Antagonista invece comporta dopo la fase di allungamento passivo, due contrazioni isometriche, una dell’antagonista e una dell’agonista. Successivamente si esegue un’ultima fase di allungamento passivo. Queste due sono le modalità più efficaci di allungamento per l’incremento della flessibilità statico-passiva. Però questa tecnica ha il imite di essere molto difficile da eseguire correttamente
Tecniche di respirazione e posizione: i muscoli non lavorano ai singolarmente sono sempre associati in catene muscolari. Da ciò consegue che l’allungamento di un muscolo sia contrastato dalla contrattura degli altri muscoli, e dalla posizione delle articolazioni. Il muscolo da cui passano tutte le catene muscolari è il diaframma, rilassando tale muscolo con delle tecniche di respirazione si ottiene il rilassamento di tutta la catena muscolare con conseguente aumento del ROM
CONCLUSIONI
In letteratura sono presenti molti dati discordanti sull’utilità dello stretching in generale. E’ essenziale valutare l’utilità o la dannosità dello stretching per ogni tipo di sport, in quanto ogni sport ha delle proprie peculiarità: importanza della flessibilità, piuttosto che della elasticità. Ognuna di queste caratteristiche può essere importante in gruppi muscolari diversi.
In particolare per quel che riguarda l’arrampicata, non ci sono degli studi specifici di rilievo. Considerando che una buona mobilità articolare (flessibilità muscolare) può rilevarsi molto utile nell’arto inferiore e nella colonna, che raramente sono sottoposti a sforzi massimali, e quindi non necessitano di una ottimale elasticità. Possiamo ritenere probabile l’utilità dello stretching per l’arto inferiore e la colonna.
Viceversa nell’arto superiore, quasi sempre sottoposto a sforzi massimali e dinamici, senza necessitare di un un’ottimale mobilità articolare, è di grande importanza l’elasticità muscolare e meno importante la flessibilità. Quindi l’esecuzione dello stretching potrebbe portare ad u decremento delle prestazioni. Si deve comunque considerare che taluni esercizi di stretching eseguiti durante il riscaldamento, con buona probabilità preparano la catena flessoria (tendini, capsule, pulegge, etc) a sopportare gli stress meccanici dell’arrampicata.
Tenuto conto delle precedenti considerazioni, basandoci sulla fisiologia muscolare, mixando diverse tecniche abbiamo studiato degli esercizi di stretching appositamente per l’arrampicata. E abbiamo creato una miniguida “5 minuti di stretching per l’arrampicata”, la particolarità di questi esercizi è la rapidità di esecuzione. In realtà ne avevamo studiati di più selettivi e in maggior numero, ma testandoli su un piccolo campione ci siamo accorti che ci voleva troppo tempo per eseguirli tutti. Dato che per il climber medio, con poco tempo e soprattutto poca voglia di fare stretching, il requisito fondamentale è la rapidità, abbiamo selezionato degli esercizi eseguibili in soli cinque minuti. In tal modo possono essere inseriti in un breve riscaldamento, sia pre-allenamento che pre-arrampicata. L’importante è che vengano eseguiti con una tecnica corretta. Solo in tal modo danno dei buoni risultati in poco tempo, e il rischio degli infortuni,classici dello stretching resta basso.
Potete richiedere la miniguida Streching in 5 minuti a grupporocciatori.orsi@gmail.com
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